dijous, 4 de desembre del 2008

El Paradís, cant XIX

Canto XIX, nel quale li spiriti ch'erano ne la stella di Iove insieme conglutinati in forma d'aguglia, ad una voce solvono uno grande dubbio, e abominano e infamano tutti li re cristiani che regnavano ne l'anno di Cristo MCCC.


Parea dinanzi a me con l'ali aperte
la bella image che nel dolce frui
liete facevan l'anime conserte; 3
Me pareció tener ante mi con las alas abiertas
la bella imagen, que en lo más dulce gocé:
la de las alegres i ociosas almas.

parea ciascuna rubinetto in cui
raggio di sole ardesse sì acceso,
che ne' miei occhi rifrangesse lui. 6

Me parecia cada una como un rubí
donde los rayos del Sol tan intensamente llegavan,
que mis ojos deslumbraban/que en mis ojos la destrozaban/que mis ojos destrozaban


E quel che mi convien ritrar testeso,
non portò voce mai, né scrisse incostro,
né fu per fantasia già mai compreso; 9

Y lo que ahora conviene saber,
no estuvo en voz de nadie, ni en tinta escrito,
ni fue por fantasía alguna comprendido;

ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro,
e sonar ne la voce e «io» e «mio»,
quand' era nel concetto e 'noi' e 'nostro'. 12

que yo vi y también oí hablar de boca/de primera mano,
y anunciar las palabras “yo” y “mío” ,
cuando la idea era “nos” y “nuestro”.
E cominciò: «Per esser giusto e pio
son io qui essaltato a quella gloria
che non si lascia vincere a disio; 15
Y comenzó: por ser justo y pío
aquí estoy yo exaltado a la gloria
que no se deja vencer por el deseo.

e in terra lasciai la mia memoria
sì fatta, che le genti lì malvage
commendan lei, ma non seguon la storia». 1
y en la tierra dejé mi recuerdo
de tal manera que las gentes de allí
se gobiernan mal, no según la historia.
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Così un sol calor di molte brage
si fa sentir, come di molti amori
usciva solo un suon di quella image. 21
Así como de muchas brasas
solo un calor se siente, de tantos amores
se oía solo un son salir de aquella imagen.





Ond' io appresso: «O perpetüi fiori
de l'etterna letizia, che pur uno
parer mi fate tutti vostri odori, 24

Y continuo : ¡Oh perpetuas flores
de eterna alegría, que un solo
perfume me dan todos vuestros olores,
solvetemi, spirando, il gran digiuno
che lungamente m'ha tenuto in fame,
non trovandoli in terra cibo alcuno. 27

resuélvame, perfumando, el gran ayuno
que largamente me ha tenido en hambre,
no hallándo en la tierra pasto alguno.
Fi de la 1a part.

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Ben so io che, se 'n cielo altro reame
la divina giustizia fa suo specchio,
che 'l vostro non l'apprende con velame. 30

Sapete come attento io m'apparecchio
ad ascoltar; sapete qual è quello
dubbio che m'è digiun cotanto vecchio». 33

Quasi falcone ch'esce del cappello,
move la testa e con l'ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello, 36

vid' io farsi quel segno, che di laude
de la divina grazia era contesto,
con canti quai si sa chi là sù gaude. 39

Poi cominciò: «Colui che volse il sesto
a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
distinse tanto occulto e manifesto, 42

non poté suo valor sì fare impresso
in tutto l'universo, che 'l suo verbo
non rimanesse in infinito eccesso. 45

E ciò fa certo che 'l primo superbo,
che fu la somma d'ogne creatura,
per non aspettar lume, cadde acerbo; 48

“(...)come frutto immaduro cade dal cielo(...)”
(Fallani, Giovanni, Poesia e teologia nella Divina Commedia,
Marzorati, Milano.1959, (0.6.1457 Bilblio. Nazionale Centrale Firenze).p101.)

e quinci appar ch'ogne minor natura
è corto recettacolo a quel bene
che non ha fine e sé con sé misura. 51

Dunque vostra veduta, che convene
esser alcun de' raggi de la mente
di che tutte le cose son ripiene, 54

non pò da sua natura esser possente
tanto, che suo principio non discerna
molto di là da quel che l'è parvente. 57

Però ne la giustizia sempiterna
la vista che riceve il vostro mondo,
com' occhio per lo mare, entro s'interna; 60

che, ben che da la proda veggia il fondo,
in pelago nol vede; e nondimeno
èli, ma cela lui l'esser profondo. 63

Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai; anzi è tenèbra
od ombra de la carne o suo veleno. 66

Assai t'è mo aperta la latebra
che t'ascondeva la giustizia viva,
di che facei question cotanto crebra; 69

ché tu dicevi: "Un uom nasce a la riva
de l'Indo, e quivi non è chi ragioni
di Cristo né chi legga né chi scriva; 72

e tutti suoi voleri e atti buoni
sono, quanto ragione umana vede,
sanza peccato in vita o in sermoni. 75

Muore non battezzato e sanza fede:
ov' è questa giustizia che 'l condanna?
ov' è la colpa sua, se ei non crede?". 78

Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna,
per giudicar di lungi mille miglia
con la veduta corta d'una spanna? 81

Certo a colui che meco s'assottiglia,
se la Scrittura sovra voi non fosse,
da dubitar sarebbe a maraviglia. 84

Oh terreni animali! oh menti grosse!
La prima volontà, ch'è da sé buona,
da sé, ch'è sommo ben, mai non si mosse. 87

Cotanto è giusto quanto a lei consuona:
nullo creato bene a sé la tira,
ma essa, radïando, lui cagiona». 90

Quale sovresso il nido si rigira
poi c'ha pasciuti la cicogna i figli,
e come quel ch'è pasto la rimira; 93

cotal si fece, e sì leväi i cigli,
la benedetta imagine, che l'ali
movea sospinte da tanti consigli. 96

Roteando cantava, e dicea: «Quali
son le mie note a te, che non le 'ntendi,
tal è il giudicio etterno a voi mortali». 99

Poi si quetaro quei lucenti incendi
de lo Spirito Santo ancor nel segno
che fé i Romani al mondo reverendi, 102

esso ricominciò: «A questo regno
non salì mai chi non credette 'n Cristo,
né pria né poi ch'el si chiavasse al legno. 105

Ma vedi: molti gridan "Cristo, Cristo!",
che saranno in giudicio assai men prope
a lui, che tal che non conosce Cristo; 108

e tai Cristian dannerà l'Etïòpe,
quando si partiranno i due collegi,
l'uno in etterno ricco e l'altro inòpe. 111

Che poran dir li Perse a' vostri regi,
come vedranno quel volume aperto
nel qual si scrivon tutti suoi dispregi? 114

Lì si vedrà, tra l'opere d'Alberto,
quella che tosto moverà la penna,
per che 'l regno di Praga fia diserto. 117

Lì si vedrà il duol che sovra Senna
induce, falseggiando la moneta,
quel che morrà di colpo di cotenna. 120

Lì si vedrà la superbia ch'asseta,
che fa lo Scotto e l'Inghilese folle,
sì che non può soffrir dentro a sua meta. 123

Vedrassi la lussuria e 'l viver molle
di quel di Spagna e di quel di Boemme,
che mai valor non conobbe né volle. 126

Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
segnata con un i la sua bontate,
quando 'l contrario segnerà un emme. 129

Vedrassi l'avarizia e la viltate
di quei che guarda l'isola del foco,
ove Anchise finì la lunga etate; 132

e a dare ad intender quanto è poco,
la sua scrittura fian lettere mozze,
che noteranno molto in parvo loco. 135

E parranno a ciascun l'opere sozze
del barba e del fratel, che tanto egregia
nazione e due corone han fatte bozze. 138

E quel di Portogallo e di Norvegia
lì si conosceranno, e quel di Rascia
che male ha visto il conio di Vinegia. 141

Oh beata Ungheria, se non si lascia
più malmenare! e beata Navarra,
se s'armasse del monte che la fascia! 144

E creder de' ciascun che già, per arra
di questo, Niccosïa e Famagosta
per la lor bestia si lamenti e garra, 147

che dal fianco de l'altre non si scosta».

Poesia e teologia nella Divina Commedia.

Fallani, Giovanni, Poesia e teologia nella Divina Commedia, Marzorati, Milano.1959, (0.6.1457 Bilblio. Nazionale Centrale Firenze).

1.No hi és fàcil trobar paràgrafs de síntesi. Un seguit interminable d'exemples i cites fa insoporertable la lectura prosaïca de la Divina Comèdia. a la fí trobem:
2.l'infern: naturalesa que s'hi oposa a l'esperit; la llum del bé que il·lumina la intel·ligència (3,39); la intel·ligència com surtida del mal : la revelació;
3.He tingut un presentiment de clafred : i si la Divina Comèdia fos com les grans obres de l'antiquitat clàssica, - Homer -, un recull d'obres d'altres autors, - o d'un altre autor, per exemple un franciscà? Una obra poetitzada indubtablement per Dante posteriorment. No trobe en el que vaig llegint els fonaments teològics i/o filosòfics en Dante. Va estudiar teologia a la Sorbona, ja ho sé...I va estar al cemintiri d'Arles : “La genesi espirituale dell'Inferno risiede nel lavoro compiuto del poeta per dare ad un mondo in tumulto e discorde la possibilità di una intesa (...) a la maniera di un monasterio benedettino.”(1,116)
4.Guittone d'Arezzo. No compren l'amor cortés i el qualifica des de l'aspecte purament sensual. “Giuttone si colloca in un'ottica piuttosto critica nei coinfronti dell'eredità trobadorica e della siciliana.” (wikipedia). Dante seguidor de Guittone..
5.El Dolce Stil Nuovo.Corrent literària trecentesca que durará fins Petrarca. Reproducció toscana de l'amor cortés trobadoresc, tot i que com és d'esperar amb notables pèrdues a favor “dell'oscurità e della 'sottigliansa' delle poesie” (wikipedia).
6.El Dolce Stil Nuovo crea un nou concepte d'amor i de dona, - la dona angelo -. amb una funció religiosa important : intermediaria entre Déu i l'home . (wikipedia). Una idealització, - fàcil -, de l'amor cortés, ja de per sí mateix prou idealitzat a una societat, - a l'origen dels càtars -, prou idealística: la porvenzal medieval. La qualificació afegida de divina podriem interpretar-la com una re-qualificació més d'aquest procés d'idealització – neoplatònica? - que fa la poesia que fa el Dolce Stil Nuovo de la poesia provenzal. Qui però respon a la preguta clau : en base a quins pressupòssits s'hi fa aquest procès a l'Itàlia trecentesca? Jo no puc de moment dir que l'amor cortès, - al contrari del que pensa Guittone – porta en sí maeix el germen de la idealització.
7. Aquesta idealització cavalleresca pren formes diverses segons el substrat social. A l'Espanya desemboca en el Quixot, a Catalunya al Tirant Lo Blanc, i a l'Itàlia amb Dante i el neoplatonisme del Jardí dels Medicis, - on s'hi formen els protagonistes del Renaixement. (Xiscot, 29.11.2008).
8.“(...) della polemica stilnovista per una ricerca di valori interiori.”(5,9)
9.Potser però el més important que estudiant Dante el que trobe hi és un estudi de l'amor. Més exactament un estudi de l'evolució italiana de l'amor cortés provenzal.
10.“La Vita Nuova risponde appunto all'intento dantesco di dare archittetura e ambiente ai miti della fantasia.”(5,12) Més concretament portant l'«angel» a un background terrenal : “il poeta, la città, le sue case, il fiume.”(5,12). Tal vegada la interpretació podria ser tot just la contrària, ja que afirma : “La «mirabile visione» a cui allude la chiusa del libro, è, oltre tutto, l'annunzio di un approdo formale, del risolutivo coordinarsi di tutte le apparizioni in un quadro unico e vasto. All'apertura della Commedia, infatti, della riviera terrena non è rimasto che il punto dello smarrimento, l'occasione del mirabile racconto :
“tant'era pieno di sonno a quel punto
que la verace via abbandonai” (Inf., I,11-2)(5,15). “Esemplare dimostrazione della crescente autonomia poetica della «visione» è il capitolo XXIII.(5,15) “(...) la realtà rimane solo come occasione e cornice.” ( 5,15)
11.M'alegra coincidir en quant al métode de creació artística, - poètica a Dante, artística en general en mí - :«Sempre lo litterale dee andare innanzi (...)» (Convivio, II, 1,8-10)(5,21). Val a dir la comprensió de la realitat, - al di fuori -, ha de precedir la creació alegòrica.
12.Resulta aparentment paradoxal l'afirmació de qué “”Nel tempo tra la Vita Nuova e la Commedia egli si rassicura speculativamene in quella tendenza al parlare concreto, verso la tecnica narrativa che non trasfigura disolvendo la realtà, ma rappresentandola in modi sensibili alla ragione (...)”(5,20)
13.”Il Convivio è un tessuto dialettico cha acerta la necessità del senso letterale come primo senso(5,20)
14.“Nella Vita nuova il poeta guardava la realtàq «sotto vesta di figura o di colore rettorico» e chiedeva per i rimatori il diritto di dare forma e parola alle «cose inanimate» e anche a quelle «non vere»(XXV,7-10).”(5,20)
15.Me sembla que als punts que precedeixen Guido di Pino aporta més confusió que llum. Concretament, la tendència al parlar concret dirigit a la raó que reclama per la Divina Commedia i del qual escloeix la Vida Nova. Per la que reclama la via oberta per ambdues interpretacións : la lírica, - stilnovística -, i la històrica. Segueix afirmant que al Convivio s'hi decideix per la via de la concreció històrica.(5,21)
16.No deixa de cridar l'atenció : “En 1588, es invitado por la Academia Florentina a presentar dos lecciones sobre la forma, el lugar y la dimensión del Infierno de Dante.” (wikipedia.org).
17.Durante el lapso que vivió, Galileo estuvo dedicado de lleno a la desmitificación del mundo. Ello implica que la búsqueda laberíntica y el viaje exploratorio, inherentes al lenguaje de Dante, se reducen a un sistema numérico que desemboca en la afirmación de que así es el mundo, y que éste realmente no posee las cualidades sensoriales que nosotros le atribuimos. En este sentido la ciencia afirma la realidad de un mundo diferente al de las artes.(...)Asimismo logramos conceptualizar el aspecto grotesco de la interpretación que Galileo hizo del infierno de Dante. Galileo no aceptó la oferta de Dante en el sentido de ver el mundo de un modo nuevo, sino que redujo los símbolos de Dante a su función denotativa.(6)



Bibliografia:

1.- Fallani, Giovanni, Poesia e teologia nella Divina Commedia, Marzorati, Milano.1959, (0.6.1457 Bilblio. Nazionale Centrale Firenze).
2.- G. Boccaccio, Della origine, vita, costumi e studii de Dante Alighieri in Firenze e delle opere composte da lui, in Le vite di Dante, a cura de G.L. Passerini, Firenze 1917.
3.- Pino, G., 1952, La figurazione della luce nella Divina Commedia, Firenze.
4.- Torraca, F., 1906, I precursori della «Divina Commedia», in Lectura Dantis : le opere minori di D. Alighieri, letture fatte in Orsanmichele, Firenze, pp. 313-340.
5.-Di Pino, Guido, 1962, La figurazione della luce nella Divina Commedia, Ed. G. D'Anna, Messina-Firenze, (C.5.572.77 Biblioteca Nazionale Centrale-Firenze).
6.- http://www.esteticas.unam.mx/revista_imagenes/posiciones/pos_scherer07.html

La figurazione della luce nella Divina Commedia.

Di Pino, Guido, 1962, La figurazione della luce nella Divina Commedia, Ed. G. D'Anna, Messina-Firenze, (C.5.572.77 Biblioteca Nazionale Centrale-Firenze)

Senso pittorico di Dante pp. 27-38

“L'allegoria dantesca esprime, invece «una veritade ascosa sotto bella menzogna» (Conv., II, 1,3)(1, 28)

Dijous, 4 de decembre de 2008.
Un dia desprès de la Diada Internacional dels descapacitats. El pont de Calatrava a Venècia. Di Pino, Guido, 1962, La figurazione della luce nella Divina Commedia, Ed. G. D'Anna, Messina-Firenze, (C.5.572.77 Biblioteca Nazionale Centrale-Firenze). Un texte per a veure la Divina Comedia. Per a veure els artistes del Renaixement. Per a veure Giotto, Cimabue, Ducio. Per a veure els que no poden veure. Perquè els aspectes visuals de la Divina Comedia son les pintures del Renaixement. I no sols això. També del gòtic, - més exactament del tardo gòtic o gòtic internacional -. Perquè tot a la Divina Comedia apareix, - paere -, als ulls de Dante.

Interesant la decripció del paradís de Dante com “un affiorare da transparenze di cristallo; na visione rapida e luminosa che preludia – nel movimento e nella luce – a quel motivo di celesti sollecitudini che dopo la tenue e trasognata apparizione dei primi spiriti ( ...) urge di cielo in cielo”(1,169)
Bibliografia:
1.- Di Pino, Guido, 1962, La figurazione della luce nella Divina Commedia, Ed. G. D'Anna, Messina-Firenze, (C.5.572.77 Biblioteca Nazionale Centrale-Firenze).
2.- Cennini, C., Il libro dell'arte, Lanciano, Carabba, 1913.